Salta e precipita,
come pioggia,
come una ballerina di danza classica
sopra il parquet,
come un suicidio evitato
o un altro avvenuto.
Tu lo sai,
che io e te siamo nati per
morire,
in quest'atmosfera di
ghiaccio
e paura
che ci abbraccia,
come una madre smarrita.
Probabilmente avete ragione
voi
e le mie parole non sono
altro
che cagate di uccelli sopra
i capelli delle vecchie
signore,
le spalle forti degli
agricoltori,
le pellicce di donne troppo
ricche per notarle.
La mia è una questione di
sesso
legato a una particolare
emozione
a volte filosofica, altre
poetica
che poggia le basi ai piedi
del peccato.
Tutte queste fessure che
abbiamo sulle labbra
lasciano scivolare dentro
quei sapori
che abbiamo assaggiato per
piacere o per disgusto,
prepariamoci alla convivenza
con i fantasmi.
Tu lo sai
che io e te siamo nati per
morire,
forse in una di quelle sere
d'estate
sfrecciando a 150 km/h di speranze bruciate
dentro cervelli demoliti.
Siamo nati per morire
senza sapere nulla,
lottando con e contro
un'identità da trattenere immobile,
stabile,
più leggera di una foglia
sessualmente legata al vento,
più cedevole di un
equilibrista alle prime funi.
E questi tremori che abbiamo
leccato da tempo,
quest'epilessia brutale che
confonde realtà e sogno,
-stupidi giochi dell'amore-
mi ha sussurrato da sempre
che
io e te siamo nati per
morire.